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"Riti e Miti" - Rubrica di Eva Kottrova

Dal global finger food all'aperitivo all'italiana, o meglio, alla marchigiana

Quando al fine d’un un giorno noioso…. , come recita il jingle pubblicitario creato per una notissima marca di aperitivi, l’agognato appuntamento rigenerante è consumato al bar o in uno dei locali glamour del momento in compagnia di amici o conoscenti spesso all’insegna, ormai desueta, di un happy hour che sfocia in un’autentica orgia di sapori e colori del troppo ricco buffet, simil - finger food alla rinfusa, con scarsa qualità. Ben venga ogni formula fusion e non “confusion” che riporta ad un mondo globalizzato e interscambievole, ma preservare l’identità di un popolo è cosa buona e giusta. Nelle metropoli cosmopolite del pianeta sta divenendo status symbol “l’aperitivo all’Italiana”, ovvero la nostra pausa pre-serale,  propiziatoria e stuzzicante, allietata dal bere consapevole di un buon calice di vino, con o senza bollicine, accompagnato da un tagliere di ottimi affettati e da una selezione di profumati formaggi provenienti dal Bel Paese. A New York è ormai uso comune pronunciare la frase “I want a Prosecco” per ordinare un aperitivo dal sapore autenticamente italiano. Un esempio da proporre, tra i tanti format italici che attingono al serbatoio affettuoso della memoria, con un carattere marcatamente marchigiano, nella fattispecie del sud della Regione dove si fondono le culture dei Piceni e dei Pretuzi, assoluti gioielli da abbinare a sofisticati calici sono le olive all’ascolana; sempre e solamente quelle  vere, autentiche ed inimitabili dalla polpa rigorosamente carnosa e tenera, dal gusto leggermente amarognolo con la farcia inebriatamene profumata e la crosta croccante. Non compiamo un attentato al gusto e alla fragranza spremendoci del succo di limone. Per rendere fresco il palato ossequioso alla corposa scelta, affidiamoci a un Pecorino di Offida dal profumo elegante, scoprendo nel calice ricordi come l’acacia in fiore scivolando nei sentori della liquirizia bianca e l’anice stellato così dolce nell’ascolano. Per i più “esigenti”, un vino spumante, che dovrebbe esser morbido per non contrastare l’amarognolo della “perla” ascolana.  Bottiglie autoctone di Metodo Classico non mancano nella regione, molto spesso snobbate; alcune bottiglie nascondono veri e propri tesori, ma come spesso accade è sempre valida l’evangelica locuzione in lingua latina “nemo propheta in patria”.

Il proseguo può essere interpretato con la stessa chiave di lettura dell’ouverture   di serata; al ristorante per una cenetta sfiziosa o in veste “street food” senza confondere eccessivamente le idee del palato, assaggi di arrosticini; squisitissimi spiedini di cubetti di castrato grigliati, in abbinamento con un Rosso Piceno Superiore dove sangiovese e montepulciano si amalgamano amabilmente tra loro compiendo un simbiotico capolavoro. Dopo un anno di affinamento il rubino prende la sottile tonalità del granato. Ponendo le narici al di sopra del calice rigorosamente panciuto – dopo averlo roteato con delicata cautela - scoprite i sentori della confettura che sa di atavici ricordi, oppure il profumo delle spezie stipate nelle dispense dei tempi passati. Se nel frattempo l’esperienza palatale si fa avanti, vi accorgerete anche di una benevola nota tannica scivolando lentamente nella freschezza della radice di liquirizia. La sua persistenza aromatica avrà altrettanto equilibrio  con i salumi e con i formaggi della Regione. Se si regge alla tentazione del “famose du’ spaghi”, lasciamoci coccolare da qualche cubetto di crema fritta dall’alma calda e solare, agevolata da un calice - a forma di tulipano - di vino santo giovane e profumato dall’autoctono passerina della zona di Offida o di Ripatransone; non sarà un dispiacere. Un caffè speciale a base di Anisetta o di Mistrà in uno dei locali più adatti al dopocena aspettando il momento clou della serata ascoltando musica ambient, non farà sicuramente rimpiangere il blasonato rito del pastis dei bravi cugini d’oltralpe consumato in tutta la Francia, ma tipico della regione sud-orientale e in particolar modo a Marsiglia e in Provenza dove è considerato parte dello stile di vita; la stessa ritualità vale per il popolo greco con l’utilizzo di un liquore a base di anice denominato ouzo.
Ogni  liaison  che si rispetti contempla un bere responsabile!

Eva Kottrova – sommelier A.I.S. – Associazione Italiana Sommeliers
eva.istant@yahoo.it                                                      
 

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