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Parliamo di...

MARIO ...

Un ricordo di Mario Monicelli segnalato da Laura Gioventù

MARIO ...

Mi sembra si chiamassero “missione impossibile” e di certo quando misero in piedi quella manifestazione molto vi era di missione ma tantissimo di impossibile. La chiamarono “Ladri di Cinema” e secondo loro i migliori registi del cinema di quel periodo, di quel burrascoso e terroristico 1982, sarebbero accorsi nel teatro 1 della Sala Palatino di Roma, per raccontare una cosa che per tanti è inconfessabile, a quali altri registi si fossero ispirati e, specialmente, quali scene girate da altri registi avessero copiato o avessero scimmiottato nelle loro pellicole. Detta così potrebbe sembrare una cosa semplice, ma ditemi voi chi si sarebbe prestato, davanti al pubblico per giunta, a raccontare una cosa così personale e pericolosa, sia dal punto di vista professionale, a nessuno piace definirsi un ladro, sia dal punto di vista personale, ladro è chi ruba ma anche chi copia in questi casi. Per cui in tempi di Estate Romana, al sapore di polvere da sparo e morti ammazzati, fatta di cinema all’aperto e manifestazioni culturalmente provocatorie, ci ritrovammo in tantissimi ad auspicare che, almeno la prima “confessione” potesse avere un protagonista, ce ne bastava uno e manco tanto famoso, in quanto le voci dei bene informati davano per certo che nessuno dei registi famosi sarebbe intervenuto. Ci voleva coraggio ma anche incoscienza per dichiarare cose simili, i tempi storici richiedevano verità e autenticità, ma anche la famosa suscettibilità degli artisti nel dichiarare certe simpatie era un impedimento fortissimo per partecipare. Ricordo che il teatro di posa era pieno e che nessuno sapesse chi sarebbe salito su quel palco rimediato per raccontarci il suo cinema, ricordo il clima da intellettuali ad oltranza e da casinisti ad ogni costo, ricordo di avere avuto molti anni di meno di adesso ma ricordo una cosa che ci lasciò tutti a bocca aperta…noi, pronti a criticare tutto e tutti lo vedemmo salire la scaletta e sorriderci con il suo fascino da ladro, si ma da ladro di gran classe, poi ci raccontò delle scene che aveva “rubato” a Jean Renoir, a Dino Risi e a molti altri, nessuna vergogna ma anzi molta ammirazione per questi suoi colleghi, e noi restammo affascinati dalla sua ironia e dalla sua spavalderia Toscana, noi che eravamo lì per contestarlo lo stavamo applaudendo convintissimi di fare solo la cosa giusta, noi che i suoi film li abbiamo adorati imparandone a memoria le mille battute, noi che da quel momento iniziammo a tributargli un…Mario…Mario…Mario…come neanche negli stadi si sentiva…noi che da quel momento abbiamo capito che essere grandi non vuol dire solo raccontare le cose pesanti ma anche di ladri di galline purché siano i soliti e spesso anche ignoti.                                       Quando ebbe finito la sua confessione scendendo la scaletta venne circondato da tutte queste facce giovanili e da una di queste bocche uscì una domanda assurda…Mario, ma tu sei il padre di Capannelle?.....oh bischero, io sono il fratello scemo di Capannelle. Mica il padre…..e poi sorrise sapendo bene di essere un ladro ma anche un eroe per tutti noi…..Ciao Mario, se mi ricordo ancora di questo episodio è perché non ti ho dimenticato.

 

 

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