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MECENATISMO E SPONSORIZZAZIONI - DOSSIER

Parte I - di Laura Gioventù

MECENATISMO E SPONSORIZZAZIONI - DOSSIER

Mecenatismo e sponsorizzazione promozionale di eventi o rassegne.

 

Dossier parte I - di Laura Gioventù

 

lunedì 14 giugno 2010

 

Per lungo tempo, l’investimento culturale in Italia, è stato percepito esclusivamente come una sorta di mecenatismo, e, perlopiù, come fenomeno isolato nel quadro dell’attività generale del soggetto stesso che decide di “finanziare l’arte” per propria passione individuale/personale (come un qualsiasi fruitore del prodotto artistico) senza l’obiettivo di ottenere specifici rendimenti individuali, movente principale delle sponsorizzazioni culturali.

Tuttavia l’investimento culturale, sia sotto forma di mecenatismo sia di sponsorizzazione, ha prodotto risultati utili per la conservazione e la valorizzazione dei beni culturali agendo in un’ottica di servizio alla cultura e all’arte e svolge un ruolo costruttivo e significativo per la valorizzazione di una risorsa unica del nostro Paese.

Modifiche a situazioni strutturali, quali i mutamenti del panorama socio-economico verificatisi nel corso degli anni, e situazioni contingenti, quali le sempre più pressanti esigenze di tutela e conservazione del patrimonio storico-artistico italiano, hanno fatto sì che interessi d’imprese private, organizzazioni culturali, Enti e Pubblica amministrazione confluissero verso una direzione condivisa.

Sulla base di queste considerazioni abbiamo condotto un’indagine sul rapporto fra Mecenatismo Culturale e sponsorizzazione promozionale di eventi o rassegne, intervistando alcuni soggetti direttamente interessati, Banche e Fondazioni, circa il loro intervento in future iniziative sia per il settore culturale sia per ciò che riguarda il comparto del divertimento e dell'intrattenimento turistico-spettacolare in genere.

 

Ne segue uno spaccato molto interessante che evidenzia come il settore culturale sia autentico collettore naturale di politiche di sponsorizzazioni per l’innumerevole serie di manifestazioni, eventi e attività che quotidianamente investono il patrimonio culturale italiano.

 

In un successivo dossier pubblicheremo le considerazioni di alcuni Enti Pubblici e associazioni culturali sul rilievo strategico che le sponsorizzazioni rivestono soprattutto nel settore culturale offrendo uno strumento integrativo, se non addirittura sostitutivo, dei finanziamenti pubblici e sulla loro capacità di creare sinergie e condivisioni tra pubblico e privato.

 

Di seguito vi proponiamo le domane seguite dalle risposte fornite da:

 

Banca Popolare di Ancona per voce del Direttore Generale Dott. Luciano Goffi;

Fondazione Carima per voce del Direttore Generale Dott. Renzo Borroni;

Banca delle Marche per voce del Presidente Prof. Avv. Michele Ambrosini;

Cassa di Risparmio di Fermo per voce dell’Amministratore Delegato Dott. Alessandro Cohn.

 

Per facilitare la lettura, ogni risposta sarà preceduta da una sigla che identifica lo specifico ente. Quindi avremmo:

 

Banca Popolare di Ancora       =  B.P.Ancona

Fondazione Carima                   =  F.Carima

Banca Marche                             =  B.Marche

Cassa di Risparmio di Fermo  =  Carifermo

 

 

 

I domanda

 

Nel 1923 dall’incontro fra Giovanni Gentile, allora ministro dell’istruzione, e Giovanni Treccani nasce l’idea di una enciclopedia universale … cosa per altro realizzata e con il successo che noi tutti conosciamo, esempio di lungimiranza culturale finanziata dallo Stato.
È possibile, ai nostri tempi, che si possa ricreare una situazione similare ma con le banche private o le Fondazioni al posto dello Stato, oppure l’indispensabile “ritorno” preclude ogni possibile lungimiranza?
Magari non una enciclopedia, ma una presenza maggiormente “culturale” nella nostra Regione, che abbia tempi lunghi e non duri solo per alcune edizioni.

 

 

B.P.Ancona

Non credo sia venuto meno, in assoluto, lo spirito del mecenatismo e quindi quella proiezione verso il territorio e la società civile che anima spesso le istituzioni private le quali, traendo proprio dal territorio il proprio valore economico, decidono di riversarne una parte a vantaggio della crescita sociale e culturale del contesto in cui sono radicate. Quello che forse è cambiato rispetto al passato è che probabilmente non c’è più il “mecenate” in assoluto, capace di grandi impegni economici, quanto piuttosto una pluralità di soggetti che – compatibilmente con le proprie congiunture – intervengono per entità singolarmente di norma non particolarmente rilevanti o determinanti. Ma come in molti altri campi, l’unione fa la forza e la buona volontà di molti può consentire di realizzare grandi progetti.

F.Carima

La risposta alla domanda è che un’iniziativa di questo genere sarebbe auspicabile, ma difficilmente realizzabile per un motivo semplicissimo: intanto in una regione come le Marche le fondazioni bancarie sono otto e completamente diverse l’una dall’altra, soprattutto in termini di dimensioni e di possibilità reddituali, quindi anche di possibilità di investimento. In realtà sono solo due o tre le fondazioni marchigiane che potrebbero supportare un progetto di questa natura. Un’iniziativa che comunque avrebbe come presupposto fondamentale una quantità di denaro e un tipo di impegno che non credo che le fondazioni, per come sono rappresentate in questa regione, possano avere. Un progetto di questo genere, che pure potrebbe essere una bellissima ed importante iniziativa, ha come premessa un grado di coordinamento delle fondazioni assai considerevole e determinante e soprattutto una volontà di investire una somma rilevante di denaro: tutti elementi che non vedo presenti in questo momento nelle nostre fondazioni.

 

B.Marche

Reputo che la risposta possa essere senz’altro positiva, anche se nel momento in cui facciamo riferimento a banche che nascono da vecchie Casse di Risparmio, sappiamo che i soci di riferimento di queste banche sono normalmente le fondazioni cui istituzionalmente è demandato il compito di svolgere un’operazione prettamente culturale, un’attività per la sponsorizzazione artistica ai fini di garantire una ricaduta culturale e assistenziale sul territorio di appartenenza. Ciò non toglie che alcune banche, in questo caso io mi sono fatto promotore presso Banca Marche, vogliano essere delle banche “aperte” a quelle che sono le plurime esigenze culturali e artistiche del nostro territorio oltre a quelle assistenziali. Alcune banche, particolarmente sensibili, possono decidere di intervenire anche in settori sociali, sopperendo, insieme con il volontariato e l’iniziativa privata, all’eventuale mancanza dello Stato. A tale proposito cito la Fondazione Roma e il libro Il terzo pilastro. Il non profit motore del nuovo welfare del Professor Emmamuele Emanuele che affronta nello specifico l’argomento “terzo settore”. Facendo riferimento prevalentemente alla situazione di Roma, ma rivolgendosi contestualmente a tutta la situazione nazionale, si mette in evidenza la necessità di demandare quote capitali sempre maggiori per lo sviluppo specifico di settori assistenziali e filantropici nei quali lo Stato, per burocrazia, per tempi e per mancanze di bilancio, non riesce a intervenire in maniera efficace ed efficiente.

 

Carifermo

Crediamo che l’indispensabile “ritorno” possa, anzi, debba essere accompagnato da una proficua lungimiranza. La Carifermo Spa, ad esempio, in collaborazione con la Fondazione Cassa di Risparmio di Fermo, lavora ogni anno ad un progetto editoriale che si conclude con la realizzazione del libro strenna natalizio. Non si tratta di un’opera prodotta da terzi e sulla quale la Banca mette semplicemente il proprio logo. Il progetto ha come obiettivo lo studio e l’approfondimento di tematiche, spesso di taglio artistico-culturale, da sviluppare o incomplete. Lavoriamo insieme all’editore sulla scelta dei contenuti, degli studiosi, sulle immagini. Negli anni abbiamo trattato grandi artisti del nostro territorio come Carlo Crivelli, Luigi Fontana, Vincenzo Pagani e, da ultimo, i  Ricci.

La lungimiranza sta nel valorizzazione e far conoscere maggiormente il nostro territorio, evitando di proporre opere, forse più “semplici”, ma scontate. Il “ritorno” sta nell’utilizzare le pubblicazioni come dono per i nostri clienti in modo da non duplicare i costi.

 

 

 

II domanda

 

C’è da una parte il Mecenatismo e dall’altra la Sponsorizzazione, due metodi diversi per ottenere lo stesso risultato oppure la stessa filosofia per far partecipare il denaro al processo di produzione culturale e/o dello spettacolo in genere?
Spesso sentiamo parlare di investimenti culturali che le banche o le fondazioni operano a diversi livelli. È soltanto un sistema fiscale per abbattere i profitti oppure una oculata strategia aziendale che guida le banche/fonfazioni verso questo tipo di sovvenzioni?
Offrendosi come partner economico per la Cultura, le banche/fondazioni potrebbero condizionarne gli stile e spostare un certo mercato dell’Arte a favore di alcuni gruppi a discapito di altri?

 

B.P.Ancona

Lo spirito mecenatistico accompagna sempre le decisioni di destinare risorse  a favore di iniziative di tipo culturale o sociale; non disgiunto certamente dalla ricerca di un ritorno, quasi mai di mera natura economica – peraltro assai difficilmente misurabile (si pensi ad esempio alla difficoltà di misurare se, avendo affiancato una determinata iniziativa, solo per questo siano stati acquisiti o meno nuovi clienti) – quanto piuttosto in termini di accrescimento dell’immagine, della reputazione, che per un istituto bancario rappresenta un valore di enorme importanza. Tenderei ad escludere qualsiasi motivazione di tipo fiscale, come pure mi sento di escludere qualsiasi rischio di “distorsione del mercato”. Intendo dire che ci può stare che, appoggiando un progetto piuttosto che un altro, un eventuale errore di valutazione di merito, potrebbe in astratto escludere e non far decollare progetti di valore; ma c’è da dire intanto che – proprio a motivo della limitatezza delle risorse disponibili – le decisioni di come allocarle risponde di solito a criteri di estrema attenzione; ed inoltre se un progetto è veramente valido se non ottiene il patrocinio del soggetto a cui per primo viene presentato, probabilmente può ottenerlo da altri più capaci magari di saperne leggere l’importanza.

 

F.Carima

Intanto questi quesiti sono, secondo me, quasi tutti tarati per le banche, indipendentemente dal fatto che usiamo il termine fondazione piuttosto che banca, perché le prime due parti di questa seconda domanda non si possono riferire alle fondazioni. Mi spiego subito: le fondazioni, per loro natura, non fanno né mecenatismo né sponsorizzazioni. Esse svolgono un ruolo previsto dalla legge e la loro è una partecipazione dovuta. Lo statuto prevede che gli utili, i margini, i risultati e i guadagni che le fondazioni riescono a mettere in piedi con la gestione del proprio patrimonio debbano essere per forza investiti nel territorio di propria competenza, in determinati settori. Una volta che la fondazione ha stabilito e scelto un ambito di intervento, che nel nostro caso è quello culturale, sebbene avremmo potuto anche non sceglierlo come fanno altre fondazioni ed a quel punto il problema non si sarebbe nemmeno posto, perché in tal caso istituzionalmente la fondazione avrebbe potuto non investire nemmeno un euro su quella voce, ma dal momento che ha scelto, tra i vari settori, quello della cultura, ecco che la fondazione non fa né mecenatismo né sponsorizzazione. Per noi è un dovere istituzionale investire o riversare, per meglio dire, il denaro proveniente dalla gestione del nostro patrimonio, quindi non saprei che dirle … ripeto, noi dobbiamo obbligatoriamente,  per legge e per statuto, intervenire ed investire. Lo dobbiamo fare e basta e lo facciamo perché la fondazione è un’istituzione che di fatto persegue un’utilità collettiva. Nel nostro caso, poi, avendo scelto di intervenire, fra i vari settori, in quello della cultura, lo facciamo anche nel settore della cultura. Non è un sistema fiscale per abbattere i profitti, il nostro. E comunque, voglio precisare che dietro alla nostra attività erogativa c’è un’attenzione particolare nel cercare di indirizzare le erogazioni in campo culturale verso degli obiettivi che il nostro Consiglio di Amministrazione e i nostri organi istituzionali si sono dati. Una strategia di fondo c’è, anche se il tipo di attività erogativa che noi facciamo soggiace fatalmente, perché anche questo è un obiettivo della fondazione, alle richieste che provengono da tutto il territorio di riferimento. Richieste, queste, spesso estremamente differenziate e diversificate, che colpiscono una miriade di problematiche e che magari, a volte, ci danno la sensazione di non essere frutto di una visione organica. Ma è un dovere istituzionale della fondazione dare una risposta anche a richieste piccole e differenziate, perché comunque abbiamo un obbligo di risposta verso l’intera provincia formata da tante realtà completamente diverse fra loro. Se le fondazioni potrebbero condizionarne gli stili e spostare un certo mercato dell’arte? No, non credo che ci siano queste possibilità. Ma poi per mercato dell’arte che si intende? Il mercato dei quadri, delle sculture e delle mostre? Direi di no, se non fosse altro per la poca capacità di incidenza: non abbiamo una massa di denaro così imponente e determinante da riuscire ad indirizzare il mercato.

 

B.Marche

Mecenatismo e sponsorizzazione oggi sovente si confondono e diventano un po’ la medesima cosa, anche se hanno caratteristiche e finalità ovviamente diverse. Credo che le fondazioni siano più portate per un vero e proprio mecenatismo. Alcune volte le banche tendono maggiormente a fare delle sponsorizzazioni perché in qualche maniera si attendono un “ritorno” e, in ogni caso, entrambe le ipotesi rappresentano un modo per far partecipare il denaro a quella che è la produzione culturale e lo sviluppo intellettuale e formativo, indipendentemente dal “ritorno”. Certo, alcune volte, le banche che fanno investimenti culturali, forse potranno anche avere il beneficio di un ritorno fiscale, tuttavia mi sembra un caso molto limitato, e per quello che ne so io, noi, come Banca Marche, fino a questo momento, non lo abbiamo mai fatto. Quello che vogliamo fare è seguire un binomio cultura-economia che ci sembra un accostamento davvero interessante se si vuol classificare un istituto di credito come una banca “aperta” e quindi come una banca del territorio. Perché se noi interpretiamo il concetto di territorio come una comunità di destino, necessariamente, nella nostra Regione e presso le nostre popolazioni, non può venire meno l’aspetto artistico e l’aspetto culturale, che poi è l’espressione dello spirito dei nostri luoghi e, come sempre, così com’è nella nostra produzione, questa espressione è un’espressione di eccellenza. Basterebbe guardare un momento indietro, ma anche all’attualità, ai nostri artisti, alla nostra storia dell’arte per passare da Raffaello a Michelangelo al Pergolesi per arrivare a Giovanni Allevi. Mi scuso se dimentico altri nomi, che in questo momento non mi vengono alla mente, ma sicuramente abbiamo una storia culturale e artistica di grandissima eccellenza, basti pensare al secondo pittore di Urbino che dopo Raffaello è il Barocci per comprendere qual è la grandezza dei nostri territori. … potrebbero condizionarne lo stile e spostare un certo mercato dell’Arte? … Beh, dovremmo parlare di arte moderna. Noi, come Banca Marche stiamo cercando di utilizzare gli spazi aperti che abbiamo a disposizione nella nostra sede come una piccola galleria d’arte dove abbiamo esposto delle antiche Ceramiche di Casteldurante, abbiamo messo in mostra alcuni pezzi e oggetti già presenti presso il Metropolitan Museum di New York della collezione living del cristallo d’arte, mobili realizzati da un unico blocco di cristallo. Abbiamo anche intenzione di esporre alcuni pezzi della storia del design di Poltrona Frau, in maniera dilettantistica e segmentaria. Difatti non seguiamo un unico filone culturale e, per quel che mi riguarda, diventa molto difficile credere che si possa spostare il mercato d’arte attuale salvo che la banca non faccia grossissimi investimenti su alcune espressioni artistiche e di attualità. Credo che la vera finalità della banca sia di godere, insieme ai propri utenti, assieme ai propri soci e quindi assieme al proprio territorio di alcune opere d’arte che rappresentano, per davvero, la soddisfazione dell’anima e dello spirito. Non mi ricordo quale fosse questo grosso scrittore che diceva che “tutte le vie dello spirito partono dall’anima e difficilmente vi fanno ritorno” beh credo che una possibilità per far ritornare le vie dello spirito all’anima sia “gustare” un’opera d’arte!

 

Carifermo

Mecenatismo e Sponsorizzazione generano due partership estremamente differenti. La Sponsorizzazione ha come elemento distintivo l’identificabilità della fonte, il soggetto che sponsorizza ha come obiettivo quello di associare il proprio marchio all’oggetto della sponsorizzazione. Lo sponsor, nel valutare l’attività,  stima il valore della sponsorizzazione anche per le “ricadute media” che essa può garantire.

Diverso è il Mecenatismo, più vicino al modus operandi delle Fondazioni, che non risponde a logiche di ritorno dal punto di vista dell’immagine o a vantaggi di tipo commerciale.

In Carifermo le Sponsorizzazioni fanno parte del piano di comunicazione. Rientrano in una programmazione annuale che segue obiettivi di promozione dell’immagine aziendale e di partnership con le iniziative che vengono ritenute più rilevanti nel nostro territorio di competenza.

 

 

III domanda

 

Spesso le Banche/Fondazioni, attraverso la sponsorizzazione, fanno confluire ingenti somme su eventi di interesse politico più che culturale, questa scelta è sentita come una costrizione per voi, oppure come una normale partecipazione nella prospettiva che l’evento stesso riesca a camminare con le sue proprie risorse ben oltre la dipendenza politica?
L’investimento culturale è sempre visto come un finanziamento che le fondazioni operano verso l’esterno, ma quando sono le fondazioni a chiedere partecipazioni o patrocini per le loro iniziative che tipo di risposta arriva dall’esterno e principalmente dai soggetti della politica?

 

 

B.P.Ancona

Ho difficoltà a dare una risposta a tale domanda, in quanto nella mia esperienza non ho in mente casi in cui la componente politica abbia avuto un rilievo. Un progetto deve creare di per sé valore nel contesto in cui si colloca, sia esso sociale o culturale o sportivo e solo sotto questa prospettiva deve essere valutato. Se poi gode anche del patrocinio di soggetti istituzionali che non ne inficino la coerenza, ben venga tale patrocinio.  Alcune iniziative che ci vedono impegnati in qualità di project partner – penso ad esempio a Tipicità o a Musicultura –  godono di questo patrocinio istituzionale, che non solo non è condizionante, ma anzi apportatore di collegamenti più stabili e solidi con la società civile.

 

F.Carima

Intanto la prima parte della domanda sicuramente ha un senso ed ha una logica anche se, secondo me, non si può riferire alla realtà della nostra provincia, ma non credo nemmeno alla realtà della nostra regione. È vero comunque che vedendo dei segnali e vedendo delle iniziative a livello nazionale si possano verificare situazioni di ingerenza: tra politica ed iniziative culturali si percepiscono a volte queste intromissioni. Ma non è, secondo me ripeto, il caso della realtà regionale delle Marche. Non credo proprio. E tanto meno non lo è per le fondazioni. Noi non facciamo iniziative per benevolenza nei confronti dell’interesse e del potere politico. Assolutissimamente no. Anzi, andiamo alla ricerca di una nostra autonomia, la ribadiamo con orgoglio e con convincimento. La verità è un’altra: è che le fondazioni sono state sempre viste, fin dalla loro costituzione, esclusivamente come erogatori di risorse e basta. Questo non solo dalle istituzioni politiche, ma da parte di tutti. Il territorio ha sempre visto le fondazioni come “bancomat”; bussi e prendi il denaro che ti serve per fare le iniziative. Questo è il campo in cui effettivamente il nostro Consiglio di Amministrazione e la nostra fondazione si sta muovendo negli ultimi anni: invertire questa situazione. Noi riteniamo che le fondazioni abbiano una loro indipendenza. Di fatto sono enti che hanno natura privatistica, ecco quindi che per noi le fondazioni devono potersi muovere sul proprio territorio con una loro capacità decisionale, con una loro visione, con una loro totale autonomia da queste ingerenze. Noi non le abbiamo, ma abbiamo riscontrato una mentalità che tende a vedere nella fondazione un partner che sia esclusivamente un erogatore, un partner supino alle richieste di terzi. Stiamo vedendo invece che, con tutta una serie di attività ed iniziative che abbiamo realizzato negli ultimi tempi e, se vogliamo, anche con la capacità dovuta alla personalità di chi più rappresenta l’ente, stiamo invertendo questa situazione e veniamo riconosciuti dal mondo che ci circonda, quindi anche dai politici, come enti e come partner che hanno la loro indipendenza e che hanno il loro peso per dire la propria su questi temi, visto che poi siamo quelli che effettivamente stanziano denaro. Proprio perché questi soggetti ci hanno sempre visto come distributori e quindi come possessori del denaro, meno che meno possiamo essere visti come coloro che possono ricevere denaro per le iniziative che fanno. Noi stiamo cercando di far capire, invece, che quando un ente come il nostro organizza un’iniziativa - sulla quale poi tutti possono dire la loro, se è fatta bene, fatta male, se è giusto o meno farla - che va a vantaggio del territorio, le fondazioni avrebbero titolo e diritto, come qualsiasi altro ente, di essere aiutati, sovvenzionati, supportati dagli amministratori e quindi anche dal mondo politico, se riscontra, il mondo politico, nell’attività e nel fare della fondazione, un agire giusto, logico e conveniente per il territorio. Però … questo magari arriverà molto molto lentamente, con il tempo, anche per le difficoltà oggettive che hanno attualmente tutte le amministrazioni pubbliche.

 

B.Marche

Non abbiamo mai, per quello che mi riguarda, nella storia di Banca Marche – ed io l’ho fondata nel 1994 - fatto confluire somme in eventi d’interesse politico, perché siamo sempre stati lontani dal prenderci un’etichetta politica. E’ un dato storico e oggettivo e questo può rappresentare un bene oppure un male, secondo l’ottica in cui si guardi quest’aspetto. Mentre alcune volte, e per quel che mi riguarda meno di un anno fa, abbiamo preso noi l’iniziativa su alcune manifestazioni di carattere artistico-culturale. Io sono stato promotore in una cena e durante un Consiglio di Amministrazione nel Palazzo Ducale di Urbino, della proposta di creare la prima mostra mondiale delle tre città ideali: quella di Urbino, di Baltimora e di Berlino. Proposta che è nata dal fatto che esse rappresentano il primo manifesto pittorico sull’urbanistica, in modo da dimostrare che l’urbanistica è nata con il rinascimento italiano e non alla fine del settecento in Scozia. Raffaello, Michelangelo e Leonardo, oltre ad essere stati dei pittori, sono stati architetti e soprattutto degli urbanisti; con la prospettiva è nata l’urbanistica. Tuttavia, indipendentemente da qualsiasi circostanza politica, credo che questo sia un evento di portata mondiale che ha una grossa valenza culturale. E’ evidente che quando sono le banche a prendere iniziative di questo genere devono cercare anche il supporto e il consenso delle forze politiche o dei rappresentanti degli enti locali. Diversamente certe manifestazioni non si potrebbero realizzare senza la fattiva collaborazione e la co-iniziativa. Senza la collaborazione della Sopraintendenza dei Beni Artistici e Architettonici delle Marche non si potrebbe realizzare una manifestazione di questo genere. Senza il patrocinio di alcuni musei non si potrebbe fare questo. Senza la presenza e il consenso di alcuni Enti locali quali il Comune di Urbino, la Regione Marche e quant’altro, eventi di questo genere non si potrebbero realizzare. Allora, qual è il rapporto? Beh, il rapporto è un rapporto di collaborazione tra quelli che noi chiamiamo vertici amministrativi del territorio, più che politici, e i vertici della banca. E’ ovvio che ci debba essere un interesse convergente e comune nel portare avanti manifestazioni di questo genere che io credo arricchiscano molto il territorio e non solo per quello che si diceva prima, perché è il territorio che in qualche maniera s’istruisce, e l’istruzione è sempre una forma di arricchimento, ma perché sopraggiunge anche un guadagno economico derivante dalla presenza turistica di tutti quelli che, in qualche maniera, vogliono condividere queste esperienze.

 

Carifermo

Non facciamo mai scelte di tipo politico. I nostri indicatori sono ritorno d’immagine, vantaggio commerciale, visibilità, coinvolgimento e territorio. Il resto non ci interessa.

Per la seconda parte della domanda, sosteniamo per intero le iniziative che realizziamo direttamente (una tra le più importanti è sicuramente la “Pagella d’Oro”). Tuttavia, al di là del finanziamento, non abbiamo mai avuto difficoltà con enti di natura pubblica o privata con i quali, negli anni, abbiamo instaurati rapporti di proficua collaborazione e stima.

 

 

 

IV domanda

 

Quando vi trovate di fronte ad un progetto culturale nuovo, sia per un finanziamento sia per una partecipazione maggiormente attiva da parte Vostra, quali sono i criteri di scelta che siete soliti adottare per la decisione finale?
Come si sviluppa l’investimento o la sponsorizzazione in merito agli eventi del puro divertimento, sono visti solo come una prassi sporadica oppure stanno aumentando in funzione del maggiore impatto con i possibili utenti futuri delle banche?

 

B.P.Ancona

Il nostro slogan che ci accompagna sempre è “sponsorizziamo i valori”, intendendo con ciò la volontà di essere al fianco solo di quelle iniziative che effettivamente possono arricchire il territorio, sotto il profilo culturale o della crescita sana dei giovani nello sport, o ancora della valorizzazione delle eccellenze che esistono sul territorio. Cerchiamo di evitare di disperdere a pioggia gli interventi, cerchiamo di favorire l’aggregazione, di superare i particolarismi, spingendo – per quanto possiamo fare – i soggetti di buona volontà che animano questa Regione a unire le forze e le intelligenze su pochi grandi progetti che abbiano al centro l’intero nostro territorio regionale. Da quanto detto credo si possa desumere che, salvo rarissime eccezioni, rifuggiamo dal sostenere iniziative che possano essere qualificate come di “puro divertimento”.

 

F.Carima

Qui bisogna distinguere fra le tipologie di richieste che arrivano. La maggior parte delle richieste sono richieste tout court di finanziamento per coprire delle spese che l’ente o il soggetto terzo che organizza deve affrontare. Ecco che ci chiedono denaro, ci chiedono un intervento economico semplicemente per supportare le spese che hanno già deciso di fare. Spesso quindi sono progetti di terzi che noi normalmente finanziamo tenendo conto di tanti elementi: uno di questi è quello che ho detto prima e che noi non possiamo non tenere abbondantemente in conto, cioè quello di cercare di riversare su tutto il nostro territorio di riferimento, che è la provincia di Macerata, le nostre disponibilità finanziarie. Molti vedono in questo tipo di atteggiamento un limite nella capacità erogativa della fondazione e soprattutto nell’identificazione della validità dei progetti che arrivano. Può anche esserci questo limite, che però risponde ad un’altra esigenza che la fondazione ha: quella di dare risposta al territorio anche quando la progettazione che sottostà alla richiesta non è il massimo della validità artistica, scientifica e della qualità. Anche se non è solo questo; noi tendiamo a dare sempre una risposta alle piccole realtà perché vogliamo che sull’intero territorio ci sia comunque una presenza della fondazione. Riteniamo, per fare un esempio, che sia molto difficile che un comune della nostra provincia posto ai limiti della fascia montana, di duecento abitanti, possa mettere in piedi un progetto culturale che abbia la stessa valenza di un progetto culturale che può essere messo in piedi da una città di cinquanta mila abitanti e che ha le proprie strutture, le proprie organizzazioni, i propri elementi di raccordo con altre istituzioni culturali. E’ difficile che un’iniziativa che nasce in un paese sperduto della nostra montagna possa competere con quelle di altri comuni più grandi, tuttavia, se non ci fosse la fondazione a supportare anche quell’iniziativa, che può sembrare marginale, che può essere distante da quei livelli di qualità a cui tendiamo, quell’ambito, quel territorio, quelle persone, quel piccolo comune, non avrebbe nemmeno la possibilità di fare una piccolissima pubblicazione, una piccolissima iniziativa culturale. Siamo insomma molto attenti all’intero territorio provinciale e alle esigenze delle fasce deboli della popolazione. Uno degli elementi di valutazione che ci sta particolarmente a cuore è la marginalità. Tutti quei paesi, tutte quelle zone, tutte quelle aree e quelle fasce di popolazione che sono penalizzate fatalmente dall’allocazione geografica, riteniamo debbano comunque essere, in qualche maniera, aiutate e supportate. In merito agli eventi del puro divertimento, la nostra fondazione ha come riferimento due grandi obiettivi, quello che ho già detto prima, l’attenzione al territorio e l’essere vicini alle parti più marginali, e l’altro, prioritario anch’esso, di offrire qualunque tipo di manifestazione culturale, artistica e di divertimento sempre gratuitamente a tutti. Perché cerchiamo di essere presenti, soprattutto in periodi come questo, di grande crisi economica e di grande difficoltà, in cui la fruizione della cultura è difficile da parte della gente ed è ciò che viene fatalmente tagliato fuori per primo.

Oltre alle richieste che provengono da terzi, abbiamo un nostro ambito di intervento diretto: identifichiamo delle iniziative da fare e tentiamo di realizzarle e di gestirle direttamente, come l’esperienza dello scorso anno di tuttoingioco e l’esperienza, oramai consolidata, di un’altra manifestazione come Herbaria, che quest’anno arriva alla quarta edizione. Quando siamo noi ad organizzare lo facciamo in maniera gratuita proprio, per rendere possibile a tutti di fruire delle cose che offriamo e, soprattutto, cerchiamo di realizzare un prodotto che, sì, contenga anche elementi di divertimento, ma che comunque sia sempre un prodotto di livello qualitativamente elevato. Nell’ambito di questi contenitori, che includono appunto elementi culturali, artistici e di divertimento, cerchiamo di offrire un ventaglio di iniziative variegate che hanno tutte un comune denominatore: sono tutte iniziative di un certo livello.

 

B.Marche

Inizierei a dare la risposta partendo dal secondo punto. Gli eventi di puro divertimento li interpretiamo come un qualcosa di sporadico, anche se, nel momento in cui alcuni di questi eventi, anche di puro divertimento, sono replicati, poi anche le stesse sponsorizzazioni sono una prassi e diventano ripetitive. È ovvio che ci si aspetti sempre un possibile ritorno da eventuali futuri utenti della banca. Poi ci sono sponsorizzazioni di tipo assistenziale, come le sovvenzioni erogate ad alcune strutture ospedaliere, per il finanziamento di alcuni macchinari come gli ecografi, oppure altri tipi d’interventi presso la Fondazione Salesi e l’ospedale Salesi di Ancona che, sostanzialmente, sono interventi che dovrebbero essere coperti dalla Fondazione della Cassa di Risparmio competente per territorio, e che nel caso di specie dovrebbe essere Verona; ma noi siamo la banca del territorio delle Marche e se Verona non interviene, noi, in qualche maniera, ci sentiamo portati a intervenire. Questa rappresenta solo l’appendice di tipo assistenziale rispetto alla domanda che invece aveva oggetto gli eventi di puro divertimento.  … di fronte ad un progetto culturale nuovo come si muove la Banca? Noi crediamo che si sia passati, anche in economia, come nella storia, a una sovrapposizione di corsi e ricorsi storici. Siamo passati dalla società del prodotto alla società della conoscenza. Se siamo nella società della conoscenza, qualsiasi tipo d’iniziativa, anche economico-imprenditoriale, diventa progetto culturale. Perché un nuovo start-up d’impresa, se porta a un’innovazione di prodotto e di processo, è, in senso lato, un progetto culturale allargato. Pertanto, di fronte a questi progetti – si sente sempre dire … finanziate le idee, finanziate le persone, finanziate i progetti - ci poniamo con grande attenzione indipendentemente dalla legislazione internazionale sul credito che ci condiziona non poco, specialmente in una realtà di piccole e medie imprese come quella marchigiana. Siamo anche pronti a fare dei finanziamenti. Non a caso abbiamo proposto, rispetto a tutti i procedimenti d’innovazione, di raddoppiare tutti i fondi che fossero arrivati alla Regione Marche dalla Bay e della Cee. Abbiamo stanziato un plafond a sostegno delle imprese per quattrocento milioni di euro. Di questi, venti milioni sono destinati ai nuovi progetti di tipo culturale e innovativo. Stiamo cercando continuamente di mettere insieme gli spin-off universitari per fare nuova cultura nel settore dell’innovazione. Uno dei miei motti fondamentali è quello del “pensare globalmente operando territorialmente”. Se diciamo che siamo in un momento in cui vi è un passaggio dalla società del prodotto alla società della conoscenza, quindi alla società dell’immateriale, al mettere in rete tutti i nostri distretti manifatturieri, se diciamo che dobbiamo tendere verso l’innovazione pensando globalmente e operando territorialmente, uno dei progetti che io ho in animo, e su cui continuo a insistere è quello di creare il primo museo del design o dell’immateriale marchigiano. Come si può mettere in piedi questo museo? Attraverso un concorso internazionale di idee e progetti presso le principali facoltà di design del mondo da Londra a Stoccolma, a New York. I giovani che ci faranno pervenire i progetti, saranno poi chiamati, i prospetti saranno selezionati da una giuria internazionale composta di designer internazionali e di imprenditori locali in maniera da scegliere le quattro o cinque opere migliori e premiarle. Per poi procedere alla realizzazione dei prototipi e verificare, con i nostri imprenditori, la possibilità della messa in produzione. La verifica è determinata ovviamente dal costo. Proprio questi prototipi potrebbero costituire insieme a tutti i progetti, il primo nucleo del museo dell’immateriale e della conoscenza. Perché proprio il design? Perché il design suggella perfettamente il discorso della progettazione e della conoscenza con il discorso del manifatturiero, quindi del prodotto. Il punto d’incontro è tra il design internazionale che esprime il pensare globale e la realizzazione del prototipo e la messa in produzione che tratteggia l’operare territorialmente. Se riusciamo a realizzare questo progetto, tale manifestazione culturale avrà anche delle rilevanze artistiche perché non è detto che il design sia limitato a se stesso. Quando seguivo l’Università del Progetto di Reggio Emilia, questo tipo di discorso era un discorso di continua innovazione che poi l’innovazione non è detto che sia solo tecnologica. L’innovazione è anche lo sfruttamento commerciale delle idee migliori per risolvere i bisogni delle nostre popolazioni. Bisogni che cambiano continuamente. Se dovessimo rifarci alla filosofica marxista, ci dovremmo chiedere chi è più ricco, chi a più soldi oppure chi ha meno bisogni? La mia risposta è che è più ricca una società che soddisfa i bisogni evoluti attraverso programmi d’innovazione ecocompatibile. Anche lì ci vuole l’eticità di uno sviluppo ambientalmente compatibile.

 

Carifermo

Quelli che elencavo prima. Innanzitutto immagine e visibilità, poi la possibilità di essere partner attivi dell’iniziativa magari con operazioni di marketing, quindi il territorio. Cerchiamo, ove possibile, di legare il nostro marchio a quello delle principali manifestazioni o realtà.
Per l’investimento e la sponsorizzazione in merito agli eventi del puro divertimento, fermi restando i criteri descritti, non facciamo particolari distinzioni tra le varie tipologie di eventi.


 

 

Fine prima parte

 

 (nella foto il Direttore Generale della Banca Popolare di Ancona, Dott. Luciano Goffi, durante l'intervista)

 

 

  di Laura Gioventù

 

 

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